Equità ed uguaglianza
Equità ed uguaglianza
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Uguaglianza ed equità non sono concetti sinonimi: il primo allinea il punto di partenza (stessi diritti e doveri), il secondo il possibile punto di arrivo (stesse opportunità).
Uguaglianza: tutti uguali, perché tutti diversi
Che cosa significa uguaglianza? Usiamo questa parola molte volte durante la giornata spesso per rivendicarne un significato preciso, perché di uguaglianza si può parlare in tanti modi e con significati diversi. Sappiamo di essere differenti nelle condizioni di partenza del nostro esistere e di avere capacità differenti con le quali ognuno affronterà la propria vita, anche se in base alle condizioni, al contesto di nascita, alle diverse opportunità che la vita ci riserva o toglie, a volte non possiamo accedere alle stesse condizioni degli altri. Allora siamo davvero uguali? No, perché ognuno di noi ha il proprio profilo originale, la sua creatività, ha un bagaglio esperenziale che va a influire nel percorso della propria vita, nutriamo diversità di aspettative, sogni rispetto il nostro futuro, la possibilità di fare scelte proprie diverse dagli altri, non sottomessi a mode e culture, anche se talvolta condizionamenti esterni, eventi straordinari e imprevisti possono alterare il percorso che ci siamo proposti di intraprendere. In che senso allora possiamo affermare di essere tutti uguali? La connotazione dell'uguaglianza ci appartiene come persone in tutto il nostro mondo? Possiamo affermarlo nel senso che ognuno di noi, nella propria differenza, deve poter arrivare ad essere la persona che è, con il suo profilo umano, con un cammino di vita personale tracciato secondo le proprie scelte di valori e di progetti di vita.
Ognuno di noi ha la propria dignità come essere umano originale e creativo e questa dignità è uguale a tutti gli altri; ciò significa che l’uguaglianza tra le persone è basata sul valore della dignità che è propria di ciascuna persona.
Dal principio dell’uguaglianza derivano infatti il riconoscimento e il rispetto dei nostri diritti fondamentali che spettano in modo uguale a ogni persona.
L'uguaglianza fu uno dei principi fondamentali reclamati dalla Rivoluzione francese, alla fine della seconda guerra mondiale, nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, dove si afferma che questa è reale a prescindere dal sesso, etnia, cultura, religione. Affinché non ci fossero equivoci nel rispettare le differenze che vi sono tra le persone e popoli a livello mondiale, nel 1975 si è affermato anche il diritto alla differenza per riconoscere a tutti una pari dignità.
Siamo tutti responsabili di costruire la nostra vita personale e sociale anche insieme agli altri, con le loro prerogative e diversità che aumentano le opportunità, garantiscono le possibilità e favoriscono la distribuzione dei vari compiti da assolvere nella costruzione della nostra convivenza sociale. Sotto il profilo giuridico, siamo tutti uguali di fronte alla legge: è la condizione per cui ogni individuo o collettività devono essere considerati alla stesso modo di tutti gli altri, cioè pari ed uguali nei diritti politici, sociali ed economici. Le Costituzioni in genere, contengono norme che si riferiscono al valore supremo della dignità umana; in Italia l'art. 3 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità. La dignità umana non è tanto un diritto, quanto il fondamento costituzionale di tutti i diritti che sono collegati allo sviluppo della persona; si tratta del principio più importante dell'ordinamento democratico, che si fonda sul valore proprio di ogni essere umano. La costituzione riconosce il principio di uguaglianza, che è parte essenziale della cultura e del modo di pensare di tutti, anche se talvolta questo principio viene violato. Nel diritto costituzionale italiano si distingue un'uguaglianza formale, per la quale si riconosce a tutte le persone pari capacità giuridica e pari godimento di tutti i diritti politici e un'uguaglianza sostanziale, che è compito della Repubblica promuovere, secondo il dettato dell'art. 3, per realizzare il "pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese". Secondo l'uguaglianza formale, la legge si applica a tutti, quindi nessuno può porsi al di sopra o al di fuori di essa e i pubblici poteri non possono fare discriminazioni fra i cittadini. Per rispettare il divieto di discriminazioni, la legge non può distinguere le persone in base al sesso, origine etnica, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. L'uguaglianza in senso sostanziale invece comporta che situazioni uguali vengano trattate in modo uguale, ma anche che situazioni diverse vengano trattate in modo diverso, proprio per rispettare le persone. Non basta cioè trattare tutti allo stesso modo: occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, culturale ed economica esistenti tra gli uomini della collettività. Per esempio, hanno lo scopo di realizzare un'uguaglianza in senso sostanziale, le norme che prevedono, nelle assunzioni al lavoro, delle quote di riserva in favore di persone con disabilità, le norme che sostengono maggiormente lo sviluppo economico nelle aree meno sviluppate del paese, le norme che concedono finanziamenti ad alcuni tipi di imprese come per esempio le cooperative, le imprese artigiane, le imprese agricole, a preferenza di altre imprese, le norme che consentono a chi ha un basso reddito di pagare imposte minori e infine norme che garantiscono la difesa nel processo anche ai cittadini più poveri, attraverso il difensore civico, un avvocato cioè pagato dallo stato. Il principio di uguaglianza sostanziale opera soprattutto a favore di "soggetti deboli", di coloro cioè che vedono ostacolata per ragioni economiche e sociali la possibilità di un esercizio effettivo dei propri diritti; per questo, sempre l'art.3 della Costituzione, impone alla Repubblica l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che impediscano il pieno sviluppo di ogni persona. L'affermazione del principio di uguaglianza sostanziale segna il passaggio allo Stato sociale, stato cioè che si impegna per consentire a tutti di esercitare i diritti sociali; la Corte costituzionale ha introdotto, a questo proposito, il criterio della ragionevolezza, dove la discriminazione non è considerata incostituzionale se è ragionevole e giustificabile, se cioè ha lo scopo di compensare la situazione di inferiorità in cui alcuni cittadini si trovano. Infine si considera ormai assodata l'affermazione secondo cui l'uguaglianza riguarda non solo chi ha la cittadinanza come prevede l'art. 3, ma anche gli stranieri come prevede l'art. 10, quando si tratta di rispettare i loro diritti fondamentali. L'uguaglianza sociale è quindi una situazione per cui tutti gli individui all'interno di società o gruppi specifici isolati debbano avere lo stesso stato di rispettabilità sociale, parità di diritti umani secondo quanto previsto dalla legge come sicurezza, diritto di voto, libertà di parola e di riunione, diritti di proprietà, accesso all'istruzione, assistenza sanitaria, pari opportunità e obblighi; il genere e l'orientamento sessuale, l'età, l'origine, il reddito, la proprietà, la classe o casta, la lingua, la religione, le convinzioni, le opinioni, la salute o la disabilità non devono tradursi in una disparità di trattamento. Una perfetta uguaglianza sociale è una situazione ideale che per vari motivi non esiste ancora in tutte le società moderne, a causa ad esempio dell'economia, dell'immigrazione/emigrazione, della politica estera e nazionale. Eppure l'art. 2 della Costituzione, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili delle persone, richiede al cittadino l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, quando ad esempio le persone da sole non hanno condizioni per accedere ai propri diritti fondamentali e avere uguali opportunità rispetto agli altri cittadini. L'uguaglianza delle e tra le persone va costruita con impegno attraverso il riconoscimento del loro valore e dei loro diritti, per non cadere nell'incomprensione, nei conflitti, in quanto ogni persona con la sua diversità, specificità e originalità, ha una propria funzione da svolgere nel suo contesto, nella società, poiché altro non è che una piccola cellula di un immenso organismo e questo organismo è a sua volta la cellula di un organismo maggiore fino ad arrivare alla dimensione mondo. La seria ricerca di una società più equa e giusta, oggi più che mai, deve tornare ad essere un ideale umano ed un valore morale condivisi, per una causa culturale, politica e sociale, a sostegno di un'autentica uguaglianza tra tutti i cittadini del mondo.
Dal principio dell’uguaglianza derivano infatti il riconoscimento e il rispetto dei nostri diritti fondamentali che spettano in modo uguale a ogni persona.
L'uguaglianza fu uno dei principi fondamentali reclamati dalla Rivoluzione francese, alla fine della seconda guerra mondiale, nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, dove si afferma che questa è reale a prescindere dal sesso, etnia, cultura, religione. Affinché non ci fossero equivoci nel rispettare le differenze che vi sono tra le persone e popoli a livello mondiale, nel 1975 si è affermato anche il diritto alla differenza per riconoscere a tutti una pari dignità.
Siamo tutti responsabili di costruire la nostra vita personale e sociale anche insieme agli altri, con le loro prerogative e diversità che aumentano le opportunità, garantiscono le possibilità e favoriscono la distribuzione dei vari compiti da assolvere nella costruzione della nostra convivenza sociale. Sotto il profilo giuridico, siamo tutti uguali di fronte alla legge: è la condizione per cui ogni individuo o collettività devono essere considerati alla stesso modo di tutti gli altri, cioè pari ed uguali nei diritti politici, sociali ed economici. Le Costituzioni in genere, contengono norme che si riferiscono al valore supremo della dignità umana; in Italia l'art. 3 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità. La dignità umana non è tanto un diritto, quanto il fondamento costituzionale di tutti i diritti che sono collegati allo sviluppo della persona; si tratta del principio più importante dell'ordinamento democratico, che si fonda sul valore proprio di ogni essere umano. La costituzione riconosce il principio di uguaglianza, che è parte essenziale della cultura e del modo di pensare di tutti, anche se talvolta questo principio viene violato. Nel diritto costituzionale italiano si distingue un'uguaglianza formale, per la quale si riconosce a tutte le persone pari capacità giuridica e pari godimento di tutti i diritti politici e un'uguaglianza sostanziale, che è compito della Repubblica promuovere, secondo il dettato dell'art. 3, per realizzare il "pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese". Secondo l'uguaglianza formale, la legge si applica a tutti, quindi nessuno può porsi al di sopra o al di fuori di essa e i pubblici poteri non possono fare discriminazioni fra i cittadini. Per rispettare il divieto di discriminazioni, la legge non può distinguere le persone in base al sesso, origine etnica, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. L'uguaglianza in senso sostanziale invece comporta che situazioni uguali vengano trattate in modo uguale, ma anche che situazioni diverse vengano trattate in modo diverso, proprio per rispettare le persone. Non basta cioè trattare tutti allo stesso modo: occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, culturale ed economica esistenti tra gli uomini della collettività. Per esempio, hanno lo scopo di realizzare un'uguaglianza in senso sostanziale, le norme che prevedono, nelle assunzioni al lavoro, delle quote di riserva in favore di persone con disabilità, le norme che sostengono maggiormente lo sviluppo economico nelle aree meno sviluppate del paese, le norme che concedono finanziamenti ad alcuni tipi di imprese come per esempio le cooperative, le imprese artigiane, le imprese agricole, a preferenza di altre imprese, le norme che consentono a chi ha un basso reddito di pagare imposte minori e infine norme che garantiscono la difesa nel processo anche ai cittadini più poveri, attraverso il difensore civico, un avvocato cioè pagato dallo stato. Il principio di uguaglianza sostanziale opera soprattutto a favore di "soggetti deboli", di coloro cioè che vedono ostacolata per ragioni economiche e sociali la possibilità di un esercizio effettivo dei propri diritti; per questo, sempre l'art.3 della Costituzione, impone alla Repubblica l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che impediscano il pieno sviluppo di ogni persona. L'affermazione del principio di uguaglianza sostanziale segna il passaggio allo Stato sociale, stato cioè che si impegna per consentire a tutti di esercitare i diritti sociali; la Corte costituzionale ha introdotto, a questo proposito, il criterio della ragionevolezza, dove la discriminazione non è considerata incostituzionale se è ragionevole e giustificabile, se cioè ha lo scopo di compensare la situazione di inferiorità in cui alcuni cittadini si trovano. Infine si considera ormai assodata l'affermazione secondo cui l'uguaglianza riguarda non solo chi ha la cittadinanza come prevede l'art. 3, ma anche gli stranieri come prevede l'art. 10, quando si tratta di rispettare i loro diritti fondamentali. L'uguaglianza sociale è quindi una situazione per cui tutti gli individui all'interno di società o gruppi specifici isolati debbano avere lo stesso stato di rispettabilità sociale, parità di diritti umani secondo quanto previsto dalla legge come sicurezza, diritto di voto, libertà di parola e di riunione, diritti di proprietà, accesso all'istruzione, assistenza sanitaria, pari opportunità e obblighi; il genere e l'orientamento sessuale, l'età, l'origine, il reddito, la proprietà, la classe o casta, la lingua, la religione, le convinzioni, le opinioni, la salute o la disabilità non devono tradursi in una disparità di trattamento. Una perfetta uguaglianza sociale è una situazione ideale che per vari motivi non esiste ancora in tutte le società moderne, a causa ad esempio dell'economia, dell'immigrazione/emigrazione, della politica estera e nazionale. Eppure l'art. 2 della Costituzione, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili delle persone, richiede al cittadino l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, quando ad esempio le persone da sole non hanno condizioni per accedere ai propri diritti fondamentali e avere uguali opportunità rispetto agli altri cittadini. L'uguaglianza delle e tra le persone va costruita con impegno attraverso il riconoscimento del loro valore e dei loro diritti, per non cadere nell'incomprensione, nei conflitti, in quanto ogni persona con la sua diversità, specificità e originalità, ha una propria funzione da svolgere nel suo contesto, nella società, poiché altro non è che una piccola cellula di un immenso organismo e questo organismo è a sua volta la cellula di un organismo maggiore fino ad arrivare alla dimensione mondo. La seria ricerca di una società più equa e giusta, oggi più che mai, deve tornare ad essere un ideale umano ed un valore morale condivisi, per una causa culturale, politica e sociale, a sostegno di un'autentica uguaglianza tra tutti i cittadini del mondo.
Equità, sinonimo di uguaglianza sostanziale
I valori dell'uguaglianza sono stati alla base dell’era industriale e del confronto-scontro tra pensiero liberale, socialista e comunista dell’era moderna e cambiamenti sostanziali sono stati introdotti nel quadro normativo di molti paesi per ridurre i conflitti derivanti dalle disparità sociali. Durante la fine dello scorso secolo e nella prima metà di quello attuale si è vista una estesa legislazione del lavoro e un'introduzione di meccanismi ridistribuivi in vari Stati, la crescita della capacità di spesa di grandi strati sociali divenne la base della produzione di massa nel periodo fordista e a seguito della grande depressione degli anni ‘20 sono state formulate teorie e politiche più orientate allo sviluppo, all’occupazione ed alla redistribuzione dei redditi con ad esempio Roosevelt.
Anche la parità fra uomini e donne è diventata una questione di pubblico dominio, sostenuta dai movimenti femminili che hanno fortemente plasmato le nostre società, dove l’equità di genere insieme all’equità sociale, si è caratterizzata come un concetto fondamentale che ha interessato numerosi popoli e persone del mondo.
La sociologia ha analizzato e teorizzato a lungo i concetti centrali del dibattito su povertà, spoliazione, benessere, equità, uguaglianza, etica, distribuzione di reddito, di ricchezza e di opportunità. Si tratta di un dibattito che coinvolge la nozione di bisogni (psicologici, sociali, economici e culturali, ed oggi ambientali), utilizzata come una questione basilare per studiare il funzionamento della società (ad esempio, T. Parsons e la scuola del funzionalismo strutturale).
Si discute se sia possibile definire i bisogni in termini assoluti o relativi e valutarli oggettivamente o soggettivamente come anche rispetto all’essenza dell’umanità, di popolazioni, di culture di tipo diverso e di individui con bisogni psicologici, economici, sociali, culturali differenti.
Queste difficoltà sono determinate dai contenuti e dai significati che l’essere umano assegna alla sua società e ciò genera spesso un circolo vizioso dato che bisogni e modi per soddisfarli sono anch'essi socialmente determinati.
Non esistendo quindi valori in sé e per sé oggettivi, il dibattito sui bisogni dovrebbe includere anche gli altri stakeholders (interlocutori) della natura; molti di loro non possono parlare perché non umani o perché non ancora nati, per questo deve quindi crescere la consapevolezza del genere umano non soltanto sulla quantità ma anche sulla qualità dei suoi bisogni. Da tale consapevolezza dipende il modo in cui vengono usate le risorse ambientali per il bene di tutta la Terra e proprio per questo il raggio di azione della politica sociale come istruzione, salute, condizione femminile dovrebbe incorporare anche l’uso delle risorse ambientali nella discussione sulle politiche dei redditi e dei profitti, della povertà e della ricchezza, della produttività e degli investimenti, diventando determinante ai fini dello lo sviluppo sostenibile.
Come espresso anche dalla Dichiarazione di Rio nel 1992, anche questo è un significato di equità, intesa come uno sviluppo sostenibile teso a soddisfare i bisogni degli esseri umani rispettando le diverse culture, le specificità individuali, collettive e biologiche esistenti in relazione alla risorse presenti nel pianeta.
Tale accordo prevede che alle generazioni future dovrebbero essere riservate almeno le stesse opportunità della generazione attuale, dando loro un esempio positivo di come fare per collaborare con le altri componenti della natura terrena, invece di minacciarne l’esistenza e le potenzialità.
E' chiaro che garantire uguali opportunità nell’accesso alle risorse implica un cambiamento nei correnti modelli di sviluppo e di vita, nel rapporto fra le comunità più ricche e quelle più povere del mondo; molte fra queste ultime potrebbero essere considerate creditrici se si prendesse in considerazione il grande trasferimento di risorse naturali storicamente avvenuto verso le prime, riconoscendo che i modelli di consumo della parte più ricca del mondo hanno come conseguenza la riduzione di risorse della parte più povera.
L’equità richiede imperativamente una riduzione di questi alti livelli di consumo al fine di garantire una distribuzione sostenibile delle risorse; questo significa riconsiderare, e non esportare verso altri paesi, modelli e stili di vita dei paesi industrializzati occidentali, adottando un approccio multiculturale e filosofie della moderazione.
Come principio, ovviamente, l’equità non si applica soltanto alle relazioni fra il Nord o "primo mondo" ed il Sud o "terzo mondo", ma anche all’interno dei paesi sviluppati al fine di combattere la povertà presente nelle loro comunità.
Il nuovo significato di equità investe quindi la capacità di una società di governare se stessa senza compromettere le opportunità di sviluppo delle altre; questo significa che ricchezza, benefici e rischi derivanti dall’uso e dalla trasformazione dei sistemi naturali devono essere distribuiti, riconoscendo il contributo che ciascuna componente della società apporta all’impegno comune di affermare stili di vita favorevoli allo sviluppo sostenibile.
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